Cattiverie è una serie di scritti aneddotici, di celeri schizzi sotto forma di racconto brevissimo; disegnano episodi autobiografici e non oltre ad alcuni inventati; circostanze di carveriana memoria, aspre, ciniche, sofferenti e sofferte in apparente inerzia; celebrazioni spontanee di persone marginali in veste di omaggi alla sconfitta; pulsioni erotiche tutt’uno con sensi panici. Mario, Dario, Thea e Maria ne sono i protagonisti acronimi; in loro assenza, profonde sensazioni anonime di finti sconosciuti. Lo scenario muta dalla cronaca all’introspezione acuminata; traversando situazioni sfacciate di droga, terrorismo, sesso, morte e malattia, e atmosfere plasmate da minimi sentimenti zitti e piccole variazioni di luce, i sacri minuti senza storia. Senza morale né moralismo: solo la purezza del disagio sbocciata dalla fatica di vivere.
QUARTA DI COPERTINA DI COSIMO ARGENTINA
Ho letto Cattiverie su fogli riuniti in un raccoglitore tempo fa. Erano usciti dal cassetto e Franco me li aveva mostrati in un bar dell’Hinterland milanese. Uno di quei bar moderni, tutto a vista, tutto esibito, dove puoi vedere anche quando il pasticcere si infila un dito nel naso o si gratta la testa perché dopo otto ore è stanco. Noi avevamo davanti un caffè, io, e un cappuccino, lui. Il nostro punto di contatto iniziale era stato suo figlio Gioele. Non è chiaro come, ma dal mio ex alunno Gioele si era passati a una corniceria, alle foto in un piccolo teatro e infine a qualche bar per chiacchierarcela su cose scritte da noi. L’animo di Franco Maria Viganò è quello di un cacciatore di frodo che se ne sta appiattito nel fogliame e scatta istantanee del mondo circostante. Lo fa con la macchina fotografica e lo fa con la penna. Le sue poesie sono scaglie, schegge raccolte di soppiatto. E anche la sua prosa è fatta di strappi letterari sottratti a un cranio che registra incessantemente suggestioni. Dietro gli strappi c’è un’elaborazione lenta e continua. E da questo meccanismo umano ha tirato fuori Cattiverie. A leggere questo libro penserete che l’autore è stato fin troppo severo nella scelta del titolo. Le cattiverie sono in realtà spaccati di vita. Brandelli esposti su un reticolato. Frammenti di metallo ossidato che sulla carta riprendono vita. Ci sono nomi che tornano in maniera ossessiva indossando varie identità, diverse anime e incarnando circostanze variegate. Mario, Thea, Dario… Maria. Una metamorfosi continua con morti, risvegli, stralci onirici, passaggi poetici, scampoli di quotidianità, incursioni in mondi ambigui sebbene pieni di fascino. È come se Franco spostasse quattro pedine su una scacchiera letteraria al suono di un flauto magico da incantatore di serpenti. Mario parla col padre di una inevitabile separazione… Dario bacia un ragazzo di colore che aspetta clienti in un boschetto… Thea ama la montagna… un uomo pelato in un bagno turco…A dispetto del titolo questa è una raccolta di scritti brevi dove c’è una base di onestà, sincerità e un profondo rispetto dell’animo umano. È un prestare attenzione al nostro perderci in un labirinto, quello dell’esistenza, dove ognuno di noi non riesce mai a immedesimarsi nei sogni dell’altro.Cattiverie viene pubblicato in un tempo cattivo, questo sì. Un tempo in cui ci viene chiesto di nasconderci, restare chiusi ed evitare i contatti umani. Ma si sa che i libri sono fatti per resistere al contingente e durare. Questo libro secondo me è uno di quelli destinati a invecchiare bene. I brevi scritti che lo compongono, dunque, hanno la durata giusta per arrivare al punto e lasciare al lettore il tempo per rifletterci su. L’autore vi offre il la e poi sarete voi a farvi un’idea e mettere insieme i pezzi di un mosaico che Franco Maria Viganò ha realizzato su carta. Questo testo, a mio avviso, è da tenere sul comodino e leggere e rileggere di tanto in tanto. Vedrete che funzionerà.
Franco Maria Viganò, classe 1952, dopo studi classici e umanistici si dedica a esperienze nautiche su barca a vela. Lavora quindi presso una casa editrice e dirige dopo il matrimonio una piccola azienda di import-export. Con l’arrivo di tre figli e sei nipotini si guadagna la patente di papà e nonno, coltivando parallelamente la passione per la scrittura e per la fotografia. Vive attualmente nell’hinterland milanese.Nel campo fotografico ha realizzato in Italia e all’estero reportages a sfondo sociale (disabili, Alzheimer, immigrati, comunità di recupero) collaborando spesso con l’agenzia Photoaid, altri di spettacolo e moda alternativa (Festival Mi.To –Modamigrante) nonché varie mostre personali a Milano (Elicitazioni) e Firenze (Ipercontrasti) sviluppando la sua ricerca sull’essenzialità onirica della fotografia stessa.Scrive dall’adolescenza, in poesia e in prosa, alternando corposi testi visionari ad altri minimalisti in uno stile ibrido tra spirito poetico e lirica narrativa. Ha pubblicato su riviste e partecipato a vari readings soprattutto a Milano. Nel 2016 presenta il lungo romanzo autoprodotto La soffitta presso la Feltrinelli di Monza.
Genere | Narrativa |
Sottogenere | Racconti |
Pagine | 292 |
Formato | 14,8x21 brossura con alette |
Anno di edizione | 2021 |
ISBN | 9788832293715 |
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