Alessandro Colella


Radici Poesie.
2003-2013


l suo sguardo inizia a posarsi giovanissimo sul mondo e, nel medesimo istante, a misurarsi con il prodigio della poesia. Proprio da lì, dalla rivelazione sorprendente dello scrivere in versi, Alessandro Colella parte alla scoperta di quel mezzo espressivo che meglio risponde al bisogno di comunicare le sue inquietudini. Le sue urgenze esistenziali. Le attese trepidanti di un ragazzo nato a pochi passi dal mare. E lo fa con determinazione, con una consapevolezza non usuale, con un tenore che gli consente di elevare ben presto i suoi componimenti fino alle «desolate alture dell’innocenza». È nella raccolta Pensando domani, del 2003 (Sessa Aurunca, Zano Editore), che prende corpo, infatti, la volontà di mettere sulla carta l’esito già maturo di quei patimenti che attirano totalmente la sua attenzione, ormai alla «ricerca incontrollabile di un’essenza primordiale». Tormentato, sì, ma già fermo nel padroneggiare il mezzo poetico, Colella arriva a farsi «statua in presenza di falsi filosofi», osservando la realtà intorno a sé con uno sguardo tutt’altro che adolescenziale. Forse per questo, forse proprio grazie all’importante cammino così precocemente compiuto, la poesia non lo abbandona. E lui sa produrre per lei nuovo alimento, percorrere lungo i versi quella crescita preziosa che lo porta, nel 2009 con Battiti esangui (Marina di Minturno, Caramanica Editore), a generare «pensieri stravolti da battiti silenti», rivelando una pienezza non solo contenutistica ma anche di stile, capace ormai di calibrare sottilmente suono e significato, pronto a guardare avanti con l’audacia adulta del poeta che umilmente osa: «Voracemente ti prego/e tu, Infinità a priori,/mi avvolgi e mi possiedi/come un velo diafano».  La sua strada non si ferma, e lo conduce ad alternare morbidezza e disincanto, a concepire versi di forza singolare: «Superba profondità emana/il tuo chiarore disadorno./Nell’ombra di queste vite spezzate,/sei il pungente giunco». È qui, sul limitare di un nuovo fuoco che illumina prepotentemente la sua visione, che si affaccia il «mortalpensiero», unica parola che si fa sintesi della condizione irrevocabile della mente umana.  Leggendo ci si accorge che la scelta di componimenti brevi, incisivi, avanza sulle pagine fino a diventare la cifra di stile di Colella: «Quello che ci lega/è un filo sottile, bagnato/di linfa e sangue arso». E sarà infatti una costante nella più recente raccolta, Attimi del 2013 (che qui si presenta), in cui il poeta attinge ai «tranquilli fondali» dell’infanzia per far emergere nuova ispirazione e, soprattutto, nuova levità stilistica che accompagna versi che ondeggiano come acqua: «Si fluttua tra miseria e meraviglia./Un gioco costante che travolge/con ardore impellente». Intercalandosi con toni duri, quasi immobili: «tra queste pareti delibera il silenzio/e divora tutta la moralità», oppure: «fantasia che trova ragione nel suo limite». Ma è la brava armonia che abbraccia entrambe le direzioni a dominare la sua produzione, che fa passi larghi e sicuri, tecnicamente adulti, capaci di compiere quel peculiare passaggio che tanto stava a cuore al ragazzo di quindici anni, quando si trovava solo davanti alla magnificenza del mare: portare l’intimità del proprio essere dentro la parola. «Questa la mia innocenza,/anima divelta da radici/di millenaria bellezza».


Genere Poesia
Sottogenere Poesia
Anno di edizione 2014
Poesie

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