Scrivere è ricordare, scrivere è tracciare un ritratto della propria sensibilità estetica, scrivere è, nel nostro caso, un atto creativo in cui si fissano parole, memorie, immagini e colori. È un prezioso racconto quello di Marina Capisani, una testimonianza vissuta che si snoda nel tempo lungo di un piccolo spazio affascinante, incastonato nel centro di Mantova. Nel giardino di Casa Guindani, nello spazio raccolto e discreto di un’antica dimora patrizia, si materializzano le tracce di molte vite, tutte narrate con spigliata e poetica capacità affabulatoria, dense di immagini e rese particolarmente vive dall’intensità narrativa. Intorno a questo giardino ruotano vicende e identità di un ceppo familiare, ancorate alle sorti di un palazzo acquistato nel primo Novecento, dove compare, fin dall’inizio, la prima e antica vestale del luogo, la giovane Amalia, figlia dell’ingegner Lucio Guindani. In questa suggestiva cornice prendono avvio, insieme all’alternarsi delle stagioni, le molte esistenze che l’autrice accompagna nel respiro sempre vitale di questo straordinario giardino, seguendo le storie della famiglia. È negli angoli luminosi e quieti di questo spazio verde che trovava rifugio Giuseppe Guindani, il fratello di Amalia, nel suo meditare sugli effetti di luce nella pittura. Ed è nei ritratti incantati del pittore che risplende la piccola Marina, colta nella sua delicata grazia, magica trasposizione di una creatura della Polinesia. Aveva solo cinque anni Marina, quando lo zio uscì dalla sua vita, ma gli incanti narrativi espressi dalla sublimità della pittura resteranno per sempre nei suoi occhi, alimentando il mito della bellezza in un parallelo racconto/ritratto degli affetti familiari. È così che Il giardino della grande casa diventa, per tutti i suoi abitanti, un luogo di culto, l’anticipazione del lussureggiante tripudio di un paradiso che vale la pena di conquistare già in terra: è lo spazio di pace in cui in cui è possibile fare i conti con i ricordi delle persone amate, che sostano su una soglia dove tempo umano ed eternità s’incontrano. La bambinetta ritratta da Giuseppe Guindani nell’età felice dell’innocenza restituisce, dunque, a distanza di molti anni, un’immagine credibile e intima dell’artista, del mondo che ruotava intorno alla sua figura e al quel giardino. Le sorelle, la moglie, gli amici regalano così al lettore l’affresco di un tempo contemporaneamente lontano e vicino, mentre il giardino assume la dimensione atemporale della memoria e dello spirito e la sua ultima vestale, con inchiostro crepuscolare, svela segreti tenui di levità letteraria.
Gianfranco Ferlisi
MARINA CAPISANI è nata a Roma nel 1941. Ha trascorso la sua infanzia frequentando la famiglia dello zio pittore Giuseppe Guindani a Mantova. Si è diplomata all’Istituto Magistrale Isabella d’Este e in seguito ha insegnato nelle scuole elementari con passione e amore. Uno dei pilastri del suo metodo educativo si esprimeva attraverso rappresentazioni di opere teatrali. Questo libro è stato scritto in virtù di un rapporto speciale che l’autrice ha avuto con Amalia, sorella di Giuseppe Guindani. Attualmente sta lavorando a una raccolta di poesie.
Genere | Narrativa |
Pagine | 64 |
Formato | 15x21, brossura con alette |
Anno di edizione | 2019 |
ISBN | 978-88-85469-96-9 |
Prezzo
Saggistica