Cinquant’anni: tanti ne conta ormai l’attività artistica di Franco Girondi, con il suo articolato percorso ben documentato dalle numerose mostre personali e dalla viva attenzione della critica. Cinquant’anni di appassionata ricerca, volta a far “parlare” materiali, forme e colori perché esprimano la Verità, così come egli la sente, sul mondo e sull’uomo. Cinquant’anni, durante i quali anch’egli, come è normale in ogni uomo pensante, si è evoluto. La mostra del 2012 al Museo Diocesano Francesco Gonzaga presenta inediti recentissimi, ai quali, ancor meglio che in passato, si attaglia quanto in un’intervista egli stesso ha dichiarato: “La mia non è arte di denuncia, non propone contenuti sociali o politici, ma cerca una verità più profonda sull’essere umano aperto alla trascendenza” (“La nuova cronaca di Mantova”, 27 aprile 2012). La sua ricerca si articola dunque nella dialettica tra i due poli entro i quali l’uomo conduce la propria esistenza, il terreno e l’ultraterreno, l’umano e il divino, con il primo collocato in basso con le sue pesantezze e oscurità, e il secondo che irrompe dall’alto nella purezza della luce. Girondi dà forma così a uno dei parametri basilari della Rivelazione, i cui termini essenziali sono espressi sin dall’inizio, rispettivamente dell’Antico e del Nuovo Testamento. “Dio disse: ‘Sia la luce!” E la luce fu” (Genesi 1,3); “In principio era il Verbo […] La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Giovanni 1,1.5). La Parola divina, la prima che si pronuncia, crea la luce; la Parola fatta uomo la porta agli uomini immersi nelle tenebre. Sappiamo poi come il dono divino sia stato recepito; sappiamo per comune esperienza in quanto dense tenebre l’umanità si aggiri, e quanti ostacoli frapponga al lasciarsi illuminare; sappiamo però anche con quanta multiforme tenacia Dio cerchi le vie per penetrare la coltre oscura. È in atto nel mondo una “lotta continua” tra luce e tenebre, bene e male, peccato e grazia: il vero dramma soggiacente alla condizione umana. In ogni tempo anche l’arte – quanto meno l’arte cristiana – gli ha dato espressione. Basti ricordare la struttura delle prime basiliche romane: concepita come una metafora della vita, invitava i fedeli a camminare dall’ingresso all’altare nella piena luce della navata centrale, evitando le deviazioni in quelle laterali volutamente lasciate in ombra. Per passare alla pittura, il primo notturno, il Sogno di Costantino di Piero della Francesca, presenta la visione celeste come una luce che irrompe nelle tenebre; e non si contano poi, al seguito di Caravaggio, le opere imperniate sullo stesso rapporto. Un bell’esempio si riscontra anche in terra mantovana: nell’Annunciazione di Ippolito Andreasi in Santa Maria di Castello a Viadana, la luce divina si insinua come un cuneo a squarciare le tenebre terrene. Quando affronta lo stesso rapporto, Franco Girondi non è dunque nuovo. Ma nuova è nei suoi segni, spogli di ogni riferimento figurativo, l’assolutezza con cui lo presenta, la limpidezza che si associa a una fascinosa armonia cromatica. Quasi un prodigio, che raddoppia quando i titoli invitano ad applicare i segni a specifiche pagine della Scrittura (Cristo, il suo Assoluto, in Flagellazione o Mattina di Pasqua; la Pentecoste, in Hot Spirit): pur lette e rilette, quelle pagine trovano qui nuove risonanze. C’è da chiedersi se anche l’artista non sia stato investito dalla Luce.
Genere | Cataloghi d'arte |
Collana | Cammini |
Pagine | 50 |
Formato | 21x15 cm brossura, |
Anno di edizione | 2012 |
ISBN | 978-88-907910-0-0 |
Prezzo